eventi - iniziative - comunicati
Anche quest'anno bellissimo e molto ricco il programma di Archivissima 22 che si è svolto dal 9 al 12 Giugno. Qui il nostro video realizzato da Magweb - https://www.archivissima.it/2022/oggetti/2450-non-ci-basta-dire-basta-percorsi-e-cambiamenti-nelle-pratiche-politiche-delle-donne-per-la-pace
Venerdì 24 Giugno alle ore 18.00 presso la libreria Feltrinelli si presenta Che c'entriamo noi di Alessandra Dino e Gisella Modica.
Il presidio dell'8 marzo
e i nostri volantini



IL NOSTRO NO ALLA GUERRA
Con l’invasione russa dell’Ucraina si consuma l’ennesimo attacco non solo ai principi e valori della pace e della convivenza civile, ma anche della semplice ragionevolezza. Quest’ultima dichiarazione di forza nel cuore dell’Europa è incredibile dopo le continue dimostrazioni del totale fallimento di tutti i conflitti militari.
Nonostante l’inconcepibile atto di imperio, seguito all’incapacità di trovare efficaci mediazioni, deve ancora essere fatto ogni tentativo per ricostruire uno spazio di dialogo e per attivare un negoziato politico.
La politica delle sanzioni, a parte le gravi conseguenze economiche per noi e gli altri paesi dell’Europa, non è la soluzione giusta poiché non esce dalla logica della legge della forza, del reagire ad un'offesa con un'altra offesa.
Occorre un di più di responsabilità politica e di amore verso il mondo e le specie che lo abitano, una responsabilità che i governanti non mostrano di sentire e di cui ancora nessuno ha dato prova.
È ora che l’Europa mostri di meritare quel Nobel per la pace che le è stato attribuito nel 2012 e che oggi appare come un monito a non mettere a rischio il futuro di pace per il nostro presente e per le generazioni future.
Aderiamo e sosteniamo con convinzione la mobilitazione di tutte e tutti coloro che non si arrendono all’inevitabilità della guerra.
Il nostro ricordo di Antonella Azoti
Cara Antonella, prima che scoppiasse il covid avevamo deciso di discutere con te nella nostra sede in via Lincoln del tuo libro “Ad alta voce” in cui hai ricostruito, con la storia di tuo padre Nicoló, sindacalista assassinato dalla mafia nel 1945, una pagina importante della storia non solo tua personale ma di tutto il nostro paese.
Avevamo parlato della necessità di riflettere a partire dalla tua esperienza su che cosa aveva comportato in termini di sofferenza umana, di rinunce e difficoltà economiche, per tanti familiari, soprattutto bambine/i, la tragica scomparsa del padre per mano della mafia e se le forze di sinistra avrebbero potuto/dovuto fare di più, in quegli anni particolarmente duri del dopoguerra, per mostrare vicinanza umana e sostenere economicamente le famiglie di uomini che coraggiosamente avevano rischiato la vita per la giustizia sociale e la dignità umana.
Tu ci avevi regalato il tuo libro, contenta che fosse custodito anche nella biblioteca dell’associazione delle donne, in cui giovanissima maestra avevi dato il tuo contributo nella lotta, durata quasi 10 anni, per la graduatoria unica nella scuola elementare. Era stata una lotta in cui tu insieme a tante altre maestre siciliane eravate state protagoniste in Italia, smentendo lo stereotipo che vuole le donne siciliane sempre indietro. Era umiliante e insopportabile, dicevi, non riuscire ad avere un’occupazione solo perché erano assunti prima gli uomini, a prescindere dal merito.
Ricordavi il grande impegno e l’affetto delle donne dell’UDI, di Anna Nicolosi Grasso, Lina Caffaratto Colajanni insieme a cui sei ritratta in una bella foto su Noi Donne del maggio 1965. Ma soprattutto eri grata ad Antonietta Marino Renda che per farti lavorare, ne avevi bisogno, ti aveva ceduto delle ore del suo incarico nelle scuole popolari.
Nel1992 dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio avevi rotto il silenzio su quel lutto che bambina di 4 anni ti aveva colpito così violentemente e avevi deciso di raccontare e di denunciare “ad alta voce”, ma sempre con i toni pacati e la dolcezza che ti caratterizzava, che niente le istituzioni in quegli anni avevano fatto per assicurare alla giustizia gli assassini mafiosi e i loro mandanti. E da allora con determinazione non ti sei più fermata, sostenuta nel tuo impegno dal tuo amato Zino. Non c’è stata iniziativa politica, manifestazione, incontro … in cui non vi si vedesse una accanto all’altro.
Carissima Antonella, ci dispiace moltissimo non essere riuscite a realizzare insieme a te quanto ci eravamo proposte ma ti promettiamo che faremo di tutto per fare conoscere la tua storia.
La scuola racconta una donna - programma di educazione permanente
Giovedì 16 Dicembre ore 15.30 - secondo incontro di formazione docenti sul tema "Svelare l'immaginario della violenza". Interventi di Elena Di Liberto, Emi Monteneri, Mariella Pasinati, Agata Schiera. Le/gli interessate/i non iscritte/i al corso potranno seguire la diretta streaming sul nostro canale UdiPalermo onlus Youtube. Il programma completo è a questo link.
Il 3 dicembre alle 17 all’Istituto Gramsci presentiamo "Dove sei?" di Roberta Lena, attrice, regista e madre di Eddi Marcucci. E’ un diario che ricostruisce l’angoscia per l’attesa e la sorte della figlia, partita nel 2017 per conoscere direttamente l’esperienza politica del Rojava e poi rimasta a combattere con le donne curde contro l’ISIS. Dopo nove mesi Eddi è tornata in Italia ma a causa dell’esperienza compiuta e dell'attivismo Notav è stata definita “socialmente pericolosa” e condannata al regime di sorveglianza speciale cui è ancora oggi sottoposta. La sua vicenda ci interroga ancora su questioni cruciali dalla relazione madre-figlia, a guerra, ingiustizie autoritarismo, controllo dei corpi.
La scuola racconta una donna - programma di educazione permanente
Venerdì 19 Novembre ore 15.30 - primo incontro di formazione docenti sul tema "Percezione e rappresentazione della violenza sulle donne". Interventi di Daniela Dioguardi e Daniela Danna. Le/gli interessate/i non iscritte/i al corso potranno seguire la diretta streaming sul nostro canale UdiPalermo onlus Youtube. Il programma completo è a questo link.
Mancano pochi giorni al 25 Novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, e in soli tre giorni abbiamo dovuto assistere ad una strage di donne e di bambini tutti uccisi dal padre e compagno violento.
Con orrore e rabbia abbiamo saputo della uccisione per sgozzamento del piccolo Matias di dieci anni in provincia di Viterbo e solo dopo un giorno apprendiamo dell’uccisione dei due fratellini Dahir di due e cinque anni a Sassuolo insieme alla mamma e alla nonna. L’uccisione dei figli come strumento per colpire la moglie o la compagna che si è ribellata alla violenza e alla unione malata è un fenomeno crescente che si registra non solo nel nostro Paese e si aggiunge ai numeri impressionanti di femminicidi, donne punite per avere avuto il coraggio di porre fine alla relazione brutale fatta di sopraffazione e prevaricazione.
Il dolore e lo sgomento che proviamo ogni volta non possono assolvere dalle responsabilità una società, la nostra, che ancora non è in grado di proteggere i suoi componenti e specialmente i più fragili ed esposti pure alla perdita della vita.
Il volto di Federico Barakat, delle sorelle Alessia e Martina Capasso, di Elena e Diego Bressi, di Francesco, Pietro e Roberto Pontin e dei due bambini Dahir e di tutti gli altri figli uccisi dal padre come atto punitivo nei confronti della madre non ci daranno pace come pure i volti e le storie delle 105 donne uccise per femminicidio nel corso di questo 2021.
L’imminenza del 25 Novembre richiama tutti noi e tutte le Istituzioni al dovere di dare giustizia alle vittime di questo eccidio infinito e anche all’obbligo di lavorare per riuscire a scardinare la cultura del potere maschile di vita e di morte sulle donne e sulle figlie e i figli. Non possiamo fermarci al cordoglio e alla commemorazione.
Sicuramente gli strumenti messi in atto sono tanti in termini di norme, Codice Rosso, Centri antiviolenza, personale specializzato in ogni campo, giudiziario, medico, delle Forze dell’Ordine, ma evidentemente non bastano, hanno fallito nella loro efficacia, stiamo fallendo nel contrasto a questa strage infinita e a confermarlo sono tutte queste donne e questi bambini a cui è stata tolta la vita e il diritto al futuro.
E’ urgente pensare ad un ulteriore potenziamento delle energie e degli strumenti messi in campo in termini di capacità di reale valutazione del rischio, di riconoscimento immediato degli indicatori della violenza fin dalla prima applicazione della misura cautelare senza apertura di credito “sulla parola”. Occorre che ci sia un più pregnante coordinamento tra le agenzie preposte, Istituzioni e Servizi territoriali e anche la Scuola, i Dirigenti scolastici, anche a tutela di tutti gli altri bambini che si trovano sotto la loro responsabilità, debbono essere informati della esistenza di un divieto di avvicinamento al minore senza che ciò sia lasciato alla discrezionalità della vittima.
Occorre piena consapevolezza da parte della società tutta che il problema della violenza maschile sulle donne non è un’emergenza ma un problema strutturale profondo che ha dietro di sé millenni di patriarcato.
Dobbiamo sconfiggere la pretesa di dominio e controllo maschile del corpo femminile e lavorare per affermare nuovi paradigmi attraverso cui si realizzi una convivenza fondata sul rispetto della differenza.
Biblioteca delle donne e Centro di consulenza legale UDIPALERMO
Palermo, 20 novembre 2021
Abbiamo appreso con grande pena e turbamento della tragica fine di “Adelina” Alma Sejdini, una donna forte, coraggiosa, con una storia drammatica di violenze e abusi ma capace di non perdere il senso di sé e di sfuggire alla mafia albanese che l'aveva rapita, costringendola alla prostituzione.
La sua vicenda è stata anche una storia di riscatto e di lotta per la riconquista della libertà: collaborando con le forze dell’ordine è riuscita a denunciare e far condannare 40 dei suoi torturatori e a continuare per oltre 20 anni ad aiutare altre donne vittime della tratta e del racket della prostituzione. Un impegno che si è mantenuto costante nel tempo e che l’ha vista sempre in prima linea, spendendosi ovunque per gettare luce su tratta e prostituzione - ora leggiamo anche di una sua recente audizione in senato. Tutto questo però non è bastato a renderla visibile per uno stato che le aveva chiesto, ed ottenuto, collaborazione nella lotta contro il lucroso racket della prostituzione.
Adelina si è suicidata nell'indifferenza e nel disinteresse di uno stato che si è rivelato del tutto sordo alla sua richiesta di ottenere quella cittadinanza italiana che l’avrebbe fatta sentire meno precaria nel vivere quotidiano e soprattutto al riparo dai pericoli cui l’avrebbe esposta un eventuale rimpatrio in Albania, dove avrebbe certamente incontrato la vendetta di coloro che aveva contribuito a fare arrestare. La rettifica sui suoi documenti della condizione di apolide e il ritorno alla cittadinanza albanese ha portato all’esaurimento della sua energia emotiva, già provata da gravi condizioni di salute.
La sua morte è una pesante sconfitta per uno stato per il quale è rimasta invisibile (non)cittadina, ma anche per noi che non conoscevamo la sua storia e non abbiamo potuto sostenerla.
La sua esperienza e il rispetto per la sua battaglia rendono sempre più evidente, se ce ne fosse bisogno, la necessità di continuare a vigilare politicamente su qualsiasi provvedimento punti a “ripulire” tratta, sfruttamento della prostituzione e abuso sessuale, a legalizzare di fatto un reato.
Biblioteca delle donne e Centro di consulenza legale UDIPALERMO
Palermo, 10 novembre 2021
CUCIRE RELAZIONI UMANE - LETTERA APERTA di UDIPALERMO
Cucire è “un’attività bellissima”, proprio così, scrive Bianca Pitzorno nel suo romanzo Il sogno della macchina da cucire, a meno che, tiene a precisare, a confezionare “per noi gli stracci della moda” non siano “le sartine del Terzo Mondo” nelle “enormi fabbriche-carcere” che l’Occidente ha loro riservato. Il cucito può addirittura divenire un atto politico – lo hanno mostrato il 18 settembre scorso del 2021 nella distesa di verde di Caprie, in bassa Val di Susa, le tante donne intente ad assemblare decine e decine di lenzuola bianche in una sartoria a cielo aperto, attorniate da uomini che misuravano i lunghi drappi di stoffa e da bambini che volteggiavano felici di partecipare a quella che per loro è stata una festa. Attraverso la festa del cucito, un’arte concepita non più come sfruttamento di manodopera femminile a basso costo ma come opera comunitaria, si è così realizzato un altro momento di lotta per la salvezza della Valle. Lo documenta in un vivido racconto Daniela Bezzi (redazione di Pressenza), con la quale l’UDIPALERMO ha intrapreso una relazione che rafforza il lungo nastro annodato da mesi dalla Sicilia al Piemonte insieme alle Mamme in piazza per la libertà di dissenso di Torino in difesa della richiesta di libertà per le/gli attiviste/i oberati da multe e oggetto di misure repressive per aver manifestato contro scelte economiche dirette da decenni a saccheggiare territori e aree di convivenza pacifica.
Una bella lezione di civiltà, dunque, quella delle donne NoTav “cucitrici di relazioni umane” in perfetta sincronia e sintonia, perché accomunate dal desiderio di salvaguardare un paesaggio rurale e umano in pericolo di scomparire. In altri angoli di mondo non vi è invece macchina da cucire il cui suono possa sconfiggere il rombo delle mitragliatrici e il boato delle bombe o, nel caso della martoriata Siria, la devastazione degli jiahidisti. Non vi sono sogni da sognare nei territori gravati dalla guerra! L’unico sogno permesso è quello dei vincitori di turno! Per questo il più brutto degli incubi è probabilmente meno spaventoso della straziante realtà in cui sono costretti a morire più che a vivere, a sopravvivere più che a condurre un’esistenza degna di questo nome, donne, uomini e bambini. Ma la Siria è già dimenticata, ora l’indignazione è tutta rivolta all’Afghanistan e ai talebani! Un’altra tragedia che va a sommarsi alle precedenti in un identico scenario ipocrita delle potenze occidentali.
In Rojava, uno dei luoghi del Kurdistan siriano, dove è calato il baratro del sonno della morte, ad alcune donne curde in lotta contro l’Isis e in difesa del confederalismo democratico dei popoli dell’area si è unita Maria Edgarda Marcucci, Eddi, che, partita nel 2017 per fare un reportage, ha deciso di arruolarsi nell’Unità di Protezione delle Donne (YPJ). Una volta ritornata in patria dopo le scelte scellerate delle grandi potenze riguardo alla Siria, è stata processata dallo Stato italiano e sottoposta al regime di sorveglianza speciale. Con sentenza del 17 marzo 2020 il Tribunale di Torino l’ha reputata infatti un soggetto socialmente pericoloso non per aver combattuto contro il fondamentalismo islamista – sarebbe stata una contraddizione troppo scoperta – ma per aver partecipato a cortei in difesa dei territori della Valsusa, proteste e presidi di solidarietà non violenti, mentre i signori di Forza Nuova arrestati in seguito all’attacco squadrista alla sede nazionale della CGIL a Roma potevano scorrazzare facendo saluti fascisti per le vie delle nostre città impunemente.
La pratica politica di noi donne dell’UDIPALERMO è diretta a costruire ponti con tutte le giovani e i giovani e a non alzare barriere nei confronti di chiunque, giovane o anziano, donna o uomo s’impegni nella salvaguardia degli habitat naturali così come nella salvezza di ogni vita umana e nella lotta per la realizzazione di legami sociali ispirati a ideali di autentica democrazia che sono anche i nostri, e sempre nel segno di un mutamento contrario alla logica della forza. Siamo seriamente preoccupate per il futuro delle nuove generazioni e per la pesante eredità di ingiustizia, menzogna e bruttezza che carichiamo sulle loro spalle; continueremo a vigilare in questa asfissia della scarsa partecipazione e in questo clima di sfiducia affinché la giustizia non si trasformi nei confronti di chi lotta e fa politica attiva in repressione e vendetta.
La nostra preoccupazione di fronte alle diverse sentenze nei confronti delle/dei Notav, tra cui Nicoletta Dosio, Dana Lauriola, Fabiola De Costanzo, Maria Edgarda Marcucci, e non solo – si pensi alla recente condanna di Mimmo Lucano - può apparire ingenua o superficiale, ma la storia del passato e del presente ci invita a essere coerenti con i valori della Resistenza al nazifascismo sui quali si fonda l’Italia nata da quella tragedia, a non trascurare la lezione delle donne e degli uomini che vi presero parte pur appartenendo a diversi schieramenti politici, a prestare ascolto al grido che viene lanciato da ogni essere umano quando è oggetto di un’ingiustizia: “Perché mi fai del male?” (Simone Weil), un ascolto che ci rimette a contatto con la nostra stessa umanità.
Palermo, 12 ottobre 2021
APPELLO PER FABIOLA
Quarant’anni fa, l’8 settembre 1981, a Ulassai, una cittadina della provincia di Nuoro in Sardegna, un nastro celeste lungo ventisei chilometri passò “di mano in mano, lanciato da una casa all’altra, annodato e addobbato”, finché dopo un’ora tutte le case apparvero l’una all’altra legate. Con questa azione collettiva, Legarsi ad una montagna, l’artista sarda Maria Lai rese il suo paese natale “autore di un’opera d’arte che, da quel momento, si sarebbe definita comunitaria” (Alessandra Pioselli) – non un monumento ai caduti come da richiesta dell’amministrazione comunale, ma un monumento per i vivi realizzato assieme a donne, uomini e bambini secondo regole condivise e volto a svigorire le reciproche diffidenze e a rafforzare i legami all’interno della comunità. L’UDIPalermo riconosce da anni il valore politico delle scelte dell’artista sarda. Nel catalogo della mostra “Maria Lai, il filo l’ordito la trama” (realizzata insieme all’Assessorato regionale dei Beni Culturali e Ambientali e della Pubblica Istruzione nel capoluogo siciliano, 22 dicembre 2008-10 gennaio 2009), Mariella Pasinati ne sottolinea infatti l’idea di arte come pratica viva e ne coglie negli interventi e nelle installazioni nei territori, a partire dalla performance di Ulassai, non solo il superamento dei “limiti della dimensione solitaria e individuale dell’operare artistico” ma anche la rivoluzione innescata dall’immissione dei corpi, compreso il corpo dell’artista, nei contesti. L’opera d’arte diviene così “luogo dello scambio, strumento di mediazione culturale, sociale e perciò autenticamente ‘politico’, se la politica è lo spazio della relazione”. Le realizzazioni artistiche di Maria Lai continuano ancora oggi a orientarci verso il ritrovamento di un senso comunitario nella memoria storica e collettiva, continuano a interrogarci sul futuro del vivere insieme da sperimentare nel presente. Le sue pratiche e visioni dell’arte mostrano presupposti affini all’agire comune delle donne e degli uomini che ripensano i territori come luoghi della politica di relazione, ne salvaguardano i paesaggi e li tutelano per le nuove generazioni. Come le/gli abitanti di Ulassai, le donne di UDIPalermo, sensibili alle rivendicazioni delle e dei NoTav, hanno lanciato lo scorso anno un lungo nastro alle Mamme in piazza per la libertà di dissenso, da Palermo a Torino, dalla Sicilia alla Val di Susa, intercettando altre madri reali e simboliche che chiedono la non criminalizzazione di chi lotta contestando lo sfruttamento delle risorse materiali e immateriali nelle comunità che ancora resistono. Oggi UDIPalermo conferma quella scelta, ribadisce la richiesta di liberazione di donne e uomini colpiti da misure repressive per essersi opposti a una trasformazione che stravolge e cancella i legami comunitari in Val di Susa e altrove, e rilancia alle autorità italiane l’appello a riconsiderare la condizione detentiva di Fabiola De Costanzo, così come è avvenuto per Dana Lauriola, comminando misure alternative alla carcerazione. In un contesto socioeconomico pesante e durissimo a causa della pandemia e di mali endemici, nel corso di una crisi che attanaglia molte istituzioni a diversi livelli e distanzia sempre più gli/le esponenti politici dalla gente comune, nonostante le difficili condizioni in cui versano le comunità piccole e grandi all’interno delle quali i legami risultano sempre più sfilacciati, le donne di UDIPalermo continuano a nutrire fiducia e speranza nelle ragazze e nei ragazzi dei movimenti radicati nei territori e colgono nelle loro lotte una ricerca volta a dare un senso nuovo alla politica, a immaginare una visione politica alternativa per il futuro, a sperimentare pratiche politiche fondate su relazioni vive.
Biblioteca delle donne e Centro di consulenza legale - UDIPALERMO
Palermo, 8 Settembre 2021
Venerdì 4 giugno 2021 dalle ore 18:30 alle 00:00 LA NOTTE DEGLI ARCHIVI - evento online
UDIPALERMO partecipa per il secondo anno consecutivo, nell’ambito del festival Archivissima, alla Notte Degli Archivi. Il tema di quest’anno è #generazioni. La notte comincerà alle 18.30 e proseguirà fino a mezzanotte per raccontare il grande patrimonio, spesso nascosto, degli archivi di tutta Italia. Per saperne di più su #lanottedegliarchivi clicca qui: https://www.archivissima.it/2021/la-notte-degli-archivi e qui https://www.archivissima.it/2021/programma per il programma di #archivissima2021
A proposito del caso di Federico Barakat, la riflessione del Centro Consulenza Legale e Studi Giuridici UDIPalermo sul recente pronunciamento della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
“FEDERICO nel Cuore” nonostante la CEDU
La sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo emessa il 23/03/2021, che ha deciso- non all’unanimità- sul ricorso della mamma di Federico Barakat presentato nel 2015 rigettandolo tanto sotto il profilo procedurale che sostanziale, non ha riconosciuto ad Antonella Penati mamma di Federico il ruolo di “vittima” ai fini della funzione della Corte.
La decisione,
oltre a lasciare sgomenti per le argomentazioni adottate che infliggono un ulteriore colpo a questa madre che ha subito la morte del figlio ad opera del padre, apre ancora una volta alla considerazione sulla responsabilità che ha lo Stato, con tutti i soggetti in cui è articolata la Pubblica Amministrazione, nella tutela non solo astrattamente di tutti i minori ma specificamente di quelli che si trovano sotto la sua giurisdizione, in strutture e locali di sua competenza, in cui un genitore- nel caso di specie la madre- è stato obbligato a condurre il figlio senza la possibilità di opporsi.
Il piccolo Federico, all’età di nove anni, il 25 febbraio 2009 è stato ucciso dal padre, uomo violento, dedito ad alcool e stupefacenti, portatore di disturbo bipolare, nei locali del Servizio sociale comunale in cui erano stati disposti dal Tribunale gli incontri protetti padre-figlio.
Dal 2005 Antonella Penati più volte aveva denunciato le violenze e le minacce di morte subite ad opera del padre di suo figlio, che le diceva che prima l’avrebbe uccisa e poi si sarebbe suicidato e che il figlio sarebbe andato in Egitto.
Antonella Penati aveva chiesto aiuto al Tribunale, alla Procura, alla Polizia rappresentando di temere per la propria incolumità e per quella del figlio che aveva assistito alle violenze del padre e che aveva paura di lui difatti più volte il genitore gli aveva detto che presto sarebbe rimasto senza papà e senza mamma ma che lui non doveva avere paura.
Le denunce avevano portato all’apertura del processo penale con udienza fissata per il 23/3/2009 che però non sarà mai celebrata per la morte dell’imputato, ma intanto a garanzia del principio della bigenitorialità, Federico veniva obbligato ad incontrare il padre.
Il 25 febbraio 2009 il padre si è presentato nei locali del S.S. sotto l’effetto di droga (l’esame autoptico rileverà la presenza di cannabis dieci volte superiore alla soglia della cronicità), era armato di un coltello lungo venti centimetri e di una pistola; ha distratto l’operatore con un pretesto facendolo uscire dalla stanza, ha sparato al figlio alla nuca ma non lo ha ucciso e allora ha infierito su di lui con 20 coltellate e poi si è suicidato. L’aggressione è iniziata alle 16,40 ed è finita alle 17,34 con la morte di Federico. L’autopsia ha rilevato che il bambino si è difeso cercando di proteggersi con le mani e con le braccia.
Le domande che si pone Antonella Penati e che dobbiamo porci ancora di più oggi dopo la sentenza CEDU, sono tante. Federico si trovava sotto il controllo della struttura pubblica, tutti gli Enti intervenuti evidentemente avevano ignorato il rischio, quel giorno non hanno compreso che il padre si trovava in stato di alterazione da droghe e che senza controllo si era potuto introdurre in un luogo istituzionale armato di coltello e pistola.
Nessuno aveva dato voce alle paure del bambino ascritte banalmente alla “conflittualità” della coppia.
Eppure la Convenzione europea dei diritti dell’uomo chiama tutti gli Stati ad adottare azioni positive e preventive a protezione della vita di ogni individuo e la Convenzione di Istanbul definisce la “violenza domestica” e impone che tali episodi debbono essere riconosciuti e valutati ai fini della tutela delle vittime rispetto alle quali scema ogni pretesa dell’aggressore.
L’analisi, allora, deve essere fatta sul caso concreto, non possono essere sottovalutati tutti gli indicatori che portano al riconoscimento della violenza.
Le domande di aiuto di Antonella Penati non sono state tenute in nessun conto e i timori e le paure di Federico, di un minore che doveva essere protetto per le sue prerogative a maggior ragione nel momento in cui era affidato allo Stato, sottovalutate e sminuite. Per gli Enti intervenuti era astrattamente l’equidistante sviluppo psicologico del minore nell’attuazione del principio della bigenitorialità che andava tutelato contro alle presunte condotte ostative della madre.
Di fatto è stata attuata non l’analisi puntuale del caso concreto, a cui più volte ha richiamato la Corte di Cassazione, ma una acritica applicazione di un clichè: la madre malevola che intralcia i rapporti padre-figlio.
Condividendo il giudizio difforme di uno dei magistrati, con questa sentenza “..la Corte ha perso l’occasione per fornire un quadro chiaro degli obblighi dello Stato in materia di violenza domestica”.
Giovedì 22 Aprile ore 16-19 in diretta streaming il convegno PENSIERO UNICO - DISSENSO - REPRESSIONE htpps:// youtu.be/phegbdRB_Hc
Mercoledì 21 Aprile - sesto incontro di formazione docenti di La scuola racconta una donna "Crisi ecologica ed etica della cura". Interventi di Elena Di Liberto e Ida Dominijanni. Le/gli interessate/i non iscritte/i al corso potranno seguire la diretta streaming sul nostro canale UdiPalermo onlus Youtube.
Venerdì 26 Marzo - quinto incontro di formazione docenti di La scuola racconta una donna "Come abitare la polis?". Interventi di Daniela Dioguardi, Agata Schiera e Emi Monteneri (UDIPalermo). Le/gli interessate/i non iscritte/i al corso potranno seguire la diretta streaming sul nostro canale UdiPalermo onlus Youtube.
Mercoledì 24 Febbraio - quarto incontro di formazione docenti di La scuola racconta una donna "Le donne nella Costituzione". Interventi di Ida La porta e Mariella Pasinati (UDIPalermo). Le/gli interessate/i non iscritte/i al corso potranno seguire la diretta streaming sul nostro canale UdiPalermo onlus Youtube.
LETTERA APERTA alla SENATRICE della REPUBBLICA, LILIANA SEGRE
Gentilissima Senatrice Liliana Segre,
noi donne della Biblioteca delle donne e Centro di consulenza legale UDIPalermo, fermamente decise a custodire la nostra democrazia, che è per noi un bene estremamente fragile di cui prendersi cura, rivolgiamo a Lei un accorato appello perché si adoperi nella valutazione del caso di Dana Lauriola e delle/degli attiviste/i Notav. Riteniamo intollerabile che in Italia si possano scontare pene detentive di due anni per il blocco di un quarto d’ora di un casello avvenuto in maniera pacifica e per l’uso di un megafono con il quale spiegare le ragioni della protesta, o pene ai domiciliari per aver distribuito volantini.
Riconosciamo in Lei e nella Sua storia di donna gli stessi valori e riferimenti culturali e politici che condussero molte donne e molti uomini a una partecipazione attiva alla Resistenza contro il nazifascismo e che oggi, pur nelle difficoltà e insidie del presente, spingono molte donne e uomini a non restare indifferenti davanti alle ingiustizie. Non giudichiamo degno di uno Stato democratico ridurre a una questione di ordine pubblico la protesta di un territorio, la Val di Susa, come è avvenuto nel caso di Nicoletta Dosio, insegnante in pensione di 73 anni, di Dana Lauriola e di altre/i giovani attiviste/i Notav per la partecipazione alla manifestazione tenutasi al casello di Avigliana il 3 marzo 2012.
Con queste convinzioni ci siamo appellate al Capo dello Stato, On. Sergio Mattarella, chiedendo immediata libertà per Dana e per le altre e gli altri coinvolti nel processo Notav, in quanto le risoluzioni delle autorità giudiziarie, che nonostante il propagarsi del covid-19 nelle carceri non hanno previsto misure alternative al carcere, continuano ad apparirci inspiegabili e disumane, considerata anche la sproporzione tra i reati contestati e le pene inflitte. Una sproporzione che è stata rilevata mesi or sono da Amnesty International e dall’Associazione Giuristi Democratici e in particolare da Ugo Mattei, Peppino Di Lello, Livio Pepino, Claudio Novaro.
Noi donne della Biblioteca delle donne e Centro di consulenza legale dell’UDIPalermo abbiamo prestato ascolto alle voci delle Mamme per la libertà di dissenso afflitte per la sorte delle loro figlie/i e di tutti le/i giovani attiviste/i, incriminate/i per avere preso parte a manifestazioni tese a rivendicare l’antifascismo, l’equità sociale e la salvaguardia dell’ambiente. Dal 28 gennaio ci uniamo, in collegamento da Palermo, al presidio organizzato dalle Mamme ogni giovedì dinanzi al carcere delle Vallette di Torino, e a questo ponte di solidarietà pacifico e simbolico si uniscono altre organizzazioni di donne di diverse città italiane da noi sollecitate e come noi preoccupate dinanzi al venir meno nel nostro Paese di alcuni diritti elementari, quali la libertà di dissenso e di protesta. Nel contesto politico odierno, al di là della TAV, le pene detentive alle quali sono sottoposte Dana e altre/i attivisti non solo disorientano le giovani generazioni impegnate nella salvaguardia dei territori e in lotta per un assetto sociale futuro meno ingiusto e ne mortificano le speranze di cambiamento, ma arrecano anche danno alla nostra democrazia sottraendo valore alla nostra Costituzione.
Pertanto ci appelliamo a Lei, Senatrice Liliana Segre, che ammiriamo per la fermezza e la coerenza con le quali afferma e pratica i princìpi ispirati all’amore e ai valori dettati dalla Carta costituzionale italiana, che noi tutte condividiamo, affinché la preoccupazione nostra e delle Mamme per la libertà del dissenso possa trovare ascolto, per il Suo tramite, nelle/nei rappresentanti delle Istituzioni preposte alla tutela dei diritti sanciti per ogni cittadino/a dalla Costituzione e racchiudibili nel rispetto della dignità umana, fondamento di ogni convivenza civile.
Palermo, 10 febbraio 2021
Biblioteca delle donne e Centro di Consulenza legale UDIPALERMO
Giovedì 14 Gennaio - terzo incontro di formazione docenti di La scuola racconta una donna "Le donne della Costituzione". Interventi di Daniela Dioguardi (UDIPalermo) e Carlo Palumbo (CIDI Torino) (chi fosse interessata/o potrà seguire la diretta streaming sul nostro canale Youtube)
LETIZIA BATTAGLIA RIPENSACI!
Cara Letizia,
ci addolora e ci dispiace la tua decisione di lasciare il Centro internazionale di Fotografia, una tua creatura, un progetto che è cresciuto in questi anni grazie alla tua infaticabile dedizione e a consolidate relazioni con fotografe e fotografi che hanno generosamente consentito di sviluppare un programma espositivo arricchente e di qualità. Sarebbe un’enorme perdita per Palermo e per noi donne che seguiamo con attenzione e orgoglio l’attività di una artista coraggiosa e anticonformista. Siamo consapevoli della ferita che hai subito, ma conoscendo la tua forza e le tue risorse siamo fiduciose che saprai trasformarle in potenzialità politica e creativa. È il percorso della politica delle donne che dalle ferite e dalle mancanze apprende e sperimenta. Vogliamo pregarti, pertanto, di non abbandonare quest’impresa che non può andare perduta né essere cancellata, come non può essere cancellato né messo in discussione il valore del tuo impegno creativo e politico. Con l’affetto e la stima di sempre.
Biblioteca delle donne e Centro di consulenza legale Udipalermo
(Mariella Pasinati, Daniela Dioguardi, Emi Monteneri, Angela Militello, Francesca Traìna, Rita Calabrese, Ida La Porta, Bice Grillo, Marina Leopizzi, Claudia Pedrotti, Enza Maniscalco, Etta Sgadari, Adriana Re)
Seguono:
Laboratorio ZEN 2-Maruzza Battaglia, Archivia Donne in Relazione, Evelina Santangelo, Elisa Romano, Sandra Rizza, Maria Antonietta Spadaro, Amelia Crisantino, Mila Spicola, Anna Maria Ruta, Clara Monroy, Laura Oddo Barresi, Benita Licata, Enza Longo, Rosa Bivona, Elvira Rosa, Beatrice Monroy, Maria Grazia Patronaggio, Anna Maria Sollima, Lucia Gotti Venturato, Carla Aleo Nero, Flora Arcuri, Daniela Musumeci, Daniela Gennaro, Anna Maria Catalano, Cristina Fatta del Bosco, Francesca Di Marco, Rita Coscarella, Francesca Carrobio, Nadia Saputo, Francesca Arcuri, Elisa Argento, Gaia Nicita, Renata Di Piazza, Tea Ciaccio, Maria Grazia Lo Cicero, Gabriella Renier Filippone, Eufemia Mirenda, Cetti Iovino, Gemma Monica Berri, Claudia Calzolari, Simona Sorrentino, Chiara Filippone, Maria Barrale, Cenzi Caruso, Maria Antonietta Dioguardi, Laura Toffoletti, Alessandra Jaforte, Gisella Costanzo, Valeria Ferrauto, Mariella Spallino, Maria Luisa Altomonte, Antonia Trigona, Antonella Guglielmino, Francesca Triolo, Claudia La Franca, Giorgia Calì, Elena Di Liberto, Gisella Duci, Ines Zanna, Simonetta Bottone, Silvana Ciaccio, Ida Pidone, Gilda Messina, Silvia Miceli, Anna Sanfilippo, Gemma Infurnari, Mariella D’Amico, Virna Chessari, Adele Agnese, Adele Agnello, Margherita La Porta, Maria Concetta Pizzurro, Tecla Mazzarese, Loriana Zanuttig, Mariella Caracappa, Giusi Manfredone, Rita D’Ippolito, Rosanna Sclafani, Ludovica Anzaldi, Annie Lo Bue, Alessandra Pacelli, Paola Mendola, Maria Rosa Giambelluca, Stefania Bellomo, Natalia Milan, Rita Imperato, Letizia Colajanni, Anna Maria Randazzo, Maria Pia Magliokeen, Evelina Nicotra, Eustachia Policardi, Valeria Adamo, Maria Scariano, Anna Marrone, Ornella Russo, Rosa Clara Arena, Maria Teresa Galluzzo, Donatella Russo.
Giovedì 17 Dicembre - secondo incontro di formazione docenti di La scuola racconta una donna "Cittadinanza e diritti" (chi fosse interessata/o potrà seguire la diretta streaming sul nostro canale Youtube)
Martedì 1 Dicembre "La cittadinanza è neutra?" primo incontro di formazione docenti di La scuola racconta una donna (chi fosse interessata/o potrà seguire la diretta streaming sulla pagina facebook di CIDI Palermo)
ABBIAMO INVIATO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA LA PETIZIONE FUORI DAL CARCERE DANA!!!
LOTTARE PER LA SALVAGUARDIA DI UN ECOSISTEMA NON È UN REATO
Ancora una volta, come nel caso di NICOLETTA DOSIO, tradotta nel carcere delle Vallette all’età di 73 anni la sera del 30 dicembre 2019, si condanna un corpo di donna a due anni di reclusione per non chiudere sull’annoso collegamento ferroviario Torino-Lione ridotto ormai a una faccenda di ordine pubblico. pubblico. E ancora una volta, come Nicoletta Dosio, DANA LAURIOLA, trentottenne, alla notizia di una pena detentiva durissima, due anni di carcere, reagisce con dignità e fermezza riaffermando il senso della lotta No Tav e di ogni lotta sociale. Dana Lauriola è stata condannata per aver partecipato a una manifestazione del 2012 presso il casello autostradale Torino-Bardonecchia. Quale crimine avrebbe commesso? Quello di aver spiegato con un megafono agli automobilisti che transitarono per pochi minuti senza pagare il pedaggio alla Sitaf, società di gestione dell’A32, le ragioni dell’apertura forzata del casello e di aver così arrecato un danno economico di pochi euro. Dana lotta da quindici anni per la salvaguardia ambientale della Valle di Susa e appare quanto meno sconcertante e incomprensibile la decisione del Tribunale di Torino di negarle ogni forma di pena alternativa al carcere. Apprendiamo fra l’altro dagli organi di stampa nazionali che nella vita Dana coordina uno storico servizio torinese a favore delle/dei senza dimora, quelli/e che non hanno voce neppure in tempi di pandemia, e si prende cura del loro reinserimento sociale. Allora perché tanto accanimento? perché il Tribunale nega le misure alternative richieste? Perché Dana continua a abitare a Bussoleno e la sua vicinanza con i luoghi della protesta No Tav comporterebbe il rischio che possa commettere nuovi reati . Ma diamo la parola alla stessa Dana che così scrive nella sua pagina social: “Uno dei motivi per cui vado in carcere, scritto nero su bianco, è che non mi sono dissociata dalla lotta No Tav, l’altro è che ho continuato a vivere in Valle di Susa. Sono tranquilla per tutte le scelte che ho fatto in questi anni, ho amato la valle e la lotta No Tav per oltre quindici anni e continuerò a farlo anche se fisicamente lontana...”. In una fase storica di estrema urgenza, davanti a una “minaccia esistenziale” dovuta alla crisi più grave che l’umanità si sia trovata ad affrontare, come continuano a ribadire Greta Thunberg e milioni di ragazze/i nel mondo, davanti alla pandemia, pare che in Italia la preoccupazione maggiore sia continuare a tenere aperto un cantiere come quello Tav, con grande spreco di denaro pubblico, e criminalizzare e reprimere le donne e gli uomini della Valle di Susa che per decenni hanno lottato e continuano a lottare per la salvaguardia del loro ecosistema. Noi siamo di parte, dalla parte di Nicoletta allora, dalla parte di Dana ora. Dopo la notizia della condanna, all'alba di giovedì 17 settembre per Dana è scattato l'arresto: mettere in galera per le idee che si professano è un'indecenza intollerabile per ogni democrazia. Con la consapevolezza che il ricorso alle forze di polizia, alla repressione e ai tribunali non costituisce una risposta politica alla giusta e motivata protesta di un territorio, chiediamo immediata libertà per Dana Lauriola. LIBERTA’ per DANA equivale per noi donne ad aver cura della nostra DEMOCRAZIA, un bene estremamente fragile, che siamo fermamente decise a custodire.